sabato 16 giugno 2012

Volato via

Stamattina stavo andando in Corso Buenos Aires a prendere due cose quando su un marciapiede di Viale Monza mi sono imbattuta in un piccione dall'aria molto debole e malmessa.
Se ne stava immobile sull'asfalto, tutto raccolto su se stesso. L'ho toccato delicatamente con la punta della scarpa, e lui ha mosso appena la testa.
Mi sono detta che non potevo lasciarlo lì, in balia degli eventi e, forse, di qualche passante malintenzionato. Così sono tornata velocemente a casa a recuperare una vecchia borsa e dei guanti da lavoro che uso per i lavori casalinghi più turpi (senza offesa per il povero piccione, ma con gli animali selvatici non si sa mai).
Torno in Viale Monza e non lo vedo più dove stava prima. Qualcuno lo ha spostato su un muretto, immagino per compassione, per toglierlo almeno dal centro del marciapiede.
Lo prendo tra le mani, e lui si dibatte appena, poi si lascia infilare nella borsa senza opporre resistenza.
E così me ne sono tornata a casa con lui.
L'ho sistemato sul terrazzino, all'ombra, in una scatola. Non mi sono fatta molte illusioni che potesse riprendersi, si vedeva che non gli restava molto da vivere.
L'ho accarezzato delicatamente e l'ho lasciato tranquillo nella sua scatola. E' morto dopo circa un'ora.
Ma almeno non è morto su quel marciapiede, nell'indifferenza della maggior parte dei passanti, nell'incessante rumore del traffico e di quello saltuario del metrò sottostante.
Domani mattina lo porterò al parco, e lo lascerò sotto ad un cespuglio lungo il naviglio.


Tante persone odiano i piccioni. E' uno di quegli animali su cui gravano enormi pregiudizi. Io ho sempre avuto invece simpatia per queste creature, e mi hanno fatto sempre un'enorme tenerezza. Li vedo così indifesi, spesso con una zampetta ferita e rattrappita, o addirittura con una sola zampa.
Alla stazione, quando aspetto il treno, li osservo sempre e mi piacerebbe poter dir loro: "Volate via, andate lontano dalla città, andate in campagna, tra l'erba verde e i fiori, lontano dai pericoli della metropoli, da questa gente che spesso vi disprezza e che si diverte addirittura a farvi del male".
Immagino il mio povero piccione spiccare nuovamente il volo in un cielo azzurro, e volare in alto, e lontano, verso le montagne laggiù all'orizzonte, mentre Viale Monza, e tutta Milano, si fa sempre più lontana e piccina.
Volato via in un caldo mattino di giugno, per il suo ultimo viaggio.


sabato 2 giugno 2012

Quindici



Un post dedicato a Hitchcock, detto Hitch, che qualche giorno fa ha compiuto quindici anni.
Caro Hitch, nostro adorato bambino peloso, tanti auguri :-)
Mi ricordo quando appena arrivato a casa, piccolo gattino adottato al rifugio, ti sei messo a dormire nella cesta che ti avevamo preparato, e fino a sera hai ronfato beato; mi ricordo come seguivi mia mamma, che è diventata anche la tua, dappertutto; di quel topo di peluche che era mio e che quando non c'eravamo ti portavi appresso, come un amico di pezza; di come appena sei stato abbastanza robusto hai imparato ad appenderti alla maniglia della porta d'ingresso per aprirla; della tua prima uscita, con l'incontro con il pastore tedesco del vicino, mentre io e mio papà assistevamo angosciati dalla finestra; di come sparivi per pomeriggi interi con quel tuo amico, il gatto bianco e nero, e di come lo portavi a mangiare crocchette con te al piano di sopra; del tuo odio amore per Freud, il gamaldo gatto dei vicini, che spesso ti scaccia dai tuoi posti preferiti, ma a cui riservi sempre un "frrrr" di saluto quando lo vedi comparire sulla terrazza; mi ricordo di quando sei tornato con le zampe piene di catrame e della fatica per pulirle; della prima nevicata che hai visto, e di come, spaventato, sei rimasto nel giardino disabitato sopra al nostro fino a sera; mi ricordo di quel rametto di pino che hai portato a casa un dicembre di tanti anni fa; dei tuoi attacchi, rari ma decisi, di uno dei quali ho una piccola cicatrice sul polso; di quanto le rare liti in cui sei stato coinvolto ti hanno sempre scosso, perché tu sei per natura un pacifista; di quella volta che pioveva a dirotto e tu, terrorizzato, stavi sotto alla Clio, nel piazzale, e intorno ti si formava una specie di laghetto, e finalmente mia mamma è riuscita a tirarti fuori ed è corsa su per le scale del giardino, verso casa, e tu te ne stavi abbarbicato a lei neanche fossi stato la vittima di un alluvione; di tutte le volte che ti ho arraffato per la coda per toglierti da qualche siepe, verso sera, quando era ora di tenerti dentro per la notte; dei tuoi folli giochi di cucciolo; di come hai acquisito con il passare del tempo la capacità di esprimerti con una grande varietà di suoni; di quella volta che ti sei pappato un pezzo di burro che stava nel pentolino in attesa di essere fuso; di tutte le notti che hai dormito sul mio piumone; e di tante altre cose.

Buon compleanno, mio caro Hitchie. Che la tua vecchiaia sia serena come sereni sono stati gli anni dietro di te.